domenica 3 febbraio 2013

Si ricordino di essere prima di tutto Magistrati

Io appartengo alla generazione di quelli che non hanno mai vissuto gli orrori della guerra ma solo assistito alle sue devastazioni in televisione, nei notiziari o nei documentari. Alla voce “Rivoluzioni civili” google presenta la Guerra Civile inglese, dal 1642 al 1651; la Guerra Civile libica del 15 febbraio 2011- 20 ottobre 2011; la Rivoluzione Studentesca del ’68 ed altre, certo leggiamo anche di movimenti pacifici da Gandhi a Martin Luther King…ma quanti hanno la volontà di distinguere la parola rivoluzione da guerra o, ancor più di discernere i diversi significati del termine stesso? Io auspicherei che un tutore della legge, un magistrato, colui al quale è demandato, insieme alle forze dell’ordine, il mantenimento della legalità non si erga a fomentatore di singoli o gruppi di facinorosi che altro non aspettano che sfogare la propria violenza. Non voglio assolutamente entrare nel merito delle prossime elezioni anche perché ritengo che qualsiasi scelta politica sia, magari non condivisibile poiché ognuno ha le proprie idee, ma certamente rispettabile; non vorrei solo più leggere di liste intitolate alla rivoluzione, alla violenza…e non credo di chiedere troppo. Mi piace sempre fare il paragone della grande barca che deve attraversare un mare in tempesta in un viaggio lungo ed arduo: bene, prima di partire, ancora a terra, coloro che si devono imbarcare hanno la facoltà di scegliere tra il comandante rosso e quello azzurro…a scelta compiuta, tuttavia, ognuno di essi capisce che si dovrà lavorare all’unisono, rispettando l’esito del voto a terra perchè solo in questo modo si potrà portare a termine l’impresa. Se, di contro, anche solo una minoranza sparuta a bordo della nave, lotterà contro il capitano eletto non mettendolo nelle condizioni di governare la barca, essi otterranno con grande probabilità il loro scopo, quello cioè di scalzare il comandante ma la nave andrà facilmente contro gli scogli portando con sé i corpi dell’intero equipaggio. Vorrei ricordare la prefazione di “Se questo è un uomo” di Primo Levi: “Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera, Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un si o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza piu’la forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi). La violenza non è mai una strada…nemmeno quella verbale.