giovedì 6 novembre 2014

La morte di un malato non può essere definita "indegna". Credo in Dio e nella Chiesa e,benchè io abbia, da sempre, teso a giustificare eventuali errori (a mio parere) od incongruenze dei Suoi rappresentanti terreni sostenendo che Essa, comunque, sia composta da esseri umani che, come tali, possono sbagliare mi trovo oggi in assoluta sintonia con Massimo Gramellini quando, all'interno del suo "Buongiorno" de "La Stampa", sostiene come in occasione della morte di Brittany Maynard gli uomini di Chiesa abbiano mancato essi stessi di "umana pietas", dal giornalista chiamata...semplicemente..."umanità", Non voglio affrontare nuovamente il tema del suicidio, per molti atto di vigliaccheria, a parere di chi scrive piuttosto gesto di disperazione il quale comunque richiede una forte dose di coraggio; qui non si sta parlando di una depressione che, azzerando magari la volontà di un soggetto, lo possa portare a compiere un atto estremo del quale, sono certo, questi troverà perdono in un'altra vita...Oggi siamo di fronte alla decisione di una donna che, colpita e vinta da un male incurabile ha scelto di "spegnere la luce" appena qualche istante prima della fine, per così dire, naturale, liberando se stessa e chi le sarebbe dovuto stare accanto, di un'ultima atroce agonia. Non voglio dire che questa scelta sia giusta o..."quella giusta" ma la reputo, comunque..."degna e rispettabile" nella sua drammaticità poichè non credo che gli ultimi momenti di questa persona, così come i precedenti, siano stati facili nè tantomeno spensierati. Una preghiera che, da cristiano, mi sento di fare è che la Chiesa, quella che prescinde da tutto ciò che sia umano, possa, nella Sua infinita carità, concedere a questa donna ciò che in terra non le è stato permesso nemmeno dopo la morte: la dignità del rispetto e della pietà.